Totò nei ricordi di Alfredo Angeli

" Da cine-spettatore vidi “GUARDIE E LADRI” che mi colpì talmente da farmi scrivere un soggetto, purtroppo rimasto solo soggetto, dal titolo “UN MESTIERE COME UN ALTRO”. Giunsi a Roma nel 1952. Nel mio citato soggetto, immaginavo TOTò nel duplice ruolo di sagrestano e becchino di un paese, cioè colui che accoglie, dà il benvenuto, ecc..
Una volta letto, Mario Castellani, rimastone favorevolmente colpito, mi chiamò:"Dobbiamo convincerlo a farlo" Credo non sia divenuto copione e quindi poi film, perché non c’erano produttori interessati.
Nel febbraio 1956, accadde che, una mattina alle 8, mi chiamò Camillo Mastrocinque, dicendomi che, essendogli venuto a mancare il suo AIUTO-REGISTA, mi chiedeva se ero libero, e se accettavo di farlo io. Accettai, chiedendogli di attendere facessi almeno una doccia, e gli chiesi:"Di che film si tratta?" “Un film con Totò” Mi colse l’entusiasmo e volai sul set. Noi al mattino preparavamo tale “TOTO’ LASCIA O RADDOPPIA?” e Totò giunto alle 12, per le 14 era pronto per il ciak. Iniziai a lavorarci la mattina stessa nella quale ero stato contattato da Mastrocinque. Era un periodo di crisi. Qui, vissi l’esperienza del Grande Teatro dell’Arte. Totò viveva l’ambizione della rivincita.
Quando Lo interpellavano per le esigenze di messa a punto del set (“Può far così? Può spostarsi un po’ più in là?”) , i macchinisti e gli altri, premettevano sempre il prefisso "Principe". Con me ci fu un gran rapporto. Il canovaccio del film era ben scritto: ci si riuniva nel suo camerino con gli attori per provare. Le scene non venute bene in presa diretta Totò si doppiò. Anche gli esterni all’ippodromo furono ricostruiti in teatro di posa. Qui Totò non aveva controfigura; c’era un segretario che gli posava come controfigura per le luci.
Totò non fu qui doppiato fisicamente da eventuali stuntmen:quando “i gorilla” dei boss lo prendono, alzandolo di peso, è proprio Lui, anche dove non inquadrato di viso. Accettava le improvvisazioni dai suoi attori.
La famosa battuta, riguardo lo “champagne” "Moesc Antòn", con legato il doppio senso “adesso arriva/esce Antonio”, la creò qui GIGI PAVESE: nella scena al bar (confrontare nel film: è vero!!) I produttori erano Donati e Cancellieri; esordiva 17enne la Schiaffino!
Fu simpatico con me. Gli altri mi guardarono con occhi sgranati quando osai proporgli: "Principe, posso suggerirle una battuta?" Avevo infatti notato “un vuoto” in una sena con Mike Bongiorno. E Lui:”Sì, sì, sì”, ed io suggerii: " Perché non dice “I NOTAI CI GUARDANO”" , la battuta citava il film “I BAMBINI CI GUARDANO” ed alludeva ai notai della rubrica “Lascia o raddoppia”. Nel set si rise spesso, ma quando arrivò la mia battuta, nessuno rise.
Di Mike Bongiorno citato in tribunale perché assente da una scena da rifare, a fine lavorazione, in quanto andato al Rally del Cinema, proprio non so/ricordo…"

intervista esclusiva del tenente Colombo del 13 ottobre 1999


advanced web statistics

www.antoniodecurtis.com