" Sono nato nel 1933. Dal ’56 al ’58 frequentai il Centro Sperimentale.
La prima volta che vidi Totò, era il 1948,accompagnato da un mio zio, andammo a vedere,
“Bada che ti mangio!”.
Era al teatro Valle, era la prima Rivista in assoluto che vedevo e ne rimasi molto colpìto.
“NOI DURI” era un film commedia musicale. I produttori erano Ermanno Donati e Luigi Carpentieri,
titolari della “Athena Cinematografica”. Ermanno si era formato come costumista, era stato allievo nientemeno che di Maria De Matteis, infatti in questo campo era pignolo, ed era preda di attacchi d’ira, ed il collega Carpentieri gli diceva di calmarsi.
Questo era uno di tre film, che io feci come aiuto-regista, con Camillo Mastrocinque.
Mastrocinque, regista del quale mancano doverosi omaggi, era raffinato, aveva senso dello humor,
influenzato dalla cultura francese, si intendeva di pittura, con lui si lavorava in armonia.
Fred Buscaglione durante le pause era sempre al pianoforte, fumava molto e beveva parecchio;
era simpatico, i suoi rapporti con Totò furono ottimi.
Totò era un divo: arrivava in Cadillac, ne eravamo tutti intimiditi, io ne avevo soggezione.
Era riservato, ma non si atteggiava da divo, era umano.
Era in un periodo di un certo declìno fisico, a causa della vista. Fumava meno di Buscaglione.
Qui girò tutte le sue scene in presa diretta. Nelle pause, restava truccato, coi vestiti di scena,
e con il fetz rosso, e si andava a riposare in penombra, su di una poltrona in disparte,
inforcando degli occhiali neri. No, non toglieva mai il fetz. A volte lo andavo ad avvisare
che si riprendeva a girare…ma non avemmo colloqui. Dormicchiava o dialogava,
non lo ho mai notato scrivere.
Sul set vidi una volta sola in visita Franca Faldini.
Era circondato da alcune persone: il cugino, la controfigura, l’autista,…che noi avevamo bonariamente soprannominati “i suoi elettrodomestici”.
Durante una pausa, era seduto in poltrona, lo udii perché era un raro momento dove non ero di corsa da un posto all’altro, uno dei suoi “elettrodomestici” gli disse: “Sa principe, che lei
con questo copricapo sta bene?” E lui, col fetz in testa, serio, alludendo alla Istanbul araba,
come non avesse differenza con la storica Bisanzio, rispose: “Si capisce: è la mia origine!”
Totò era un professionista, il suo “debordare” era misurato; non alzò mai la voce con nessuno.
Vi erano delle ville, spesso utilizzate, per risparmio, nei film dell’epoca.
Una di queste, era Villa Manzoni, sulla Cassia, sede di morti violente durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale; ne rimase la fama di luogo “porta-sfortuna”.
In tale villa, abbandonata, girammo in due nottate,la scena del finale, con il marchingegno,
predisposto dall’Algerino per gli ostaggi; credo a Totò non sia stato detto, ciò che era avvenuto
in quel luogo. Mastrocinque e tutti noi che lo sapevamo, invece, fummo preoccupati dalla jettatura
potenziale di quella villa, che manteneva un alone di mistero.
Dopo la violenta morte di Buscaglione, ubriaco o no che fosse, Mastrocinque mi confessò il suo dubbio sul fatto che la causa fosse stata la jettatura di quella villa…
Non ricordo se l’esterno con Fred e le due donne camuffate da uomo, col commento di Totò-algerino, che credendoli tre gay, dice: “…come dilaga!…”, sia stato girato nel giardino
di quella misteriosa villa."
intervista esclusiva del tenente Colombo del 18 febbraio 2000
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