San Giovanni decollato

[Totò] [Totò e Liliana de Curtis]

[Totò,Titina De Filippo e Franco Coop] [Totò e Titina De Filippo]

[Totò] [Totò]

[Totò] [Totò]

[Totò] [Totò e Titina De Filippo]

[Totò] [Totò]

[Totò e Titina De Filippo] [Totò e Liliana de Curtis]

[Totò] [Totò]

Videoclip titoli di testa

Giornali d'epoca:
Tempo del 14 novembre 1940

Regia : Amleto Palermi
Soggetto : da "San Giovanni decullatu" di Nino Martoglio
Sceneggiatura : A. Palermi, Cesare Zavattini, Aldo Vergano
Arredamento : Mario Rappini
Fotografia : Fernando Risi
Scenografia : Piero Filippone, Vittorio Valentini
Musica : Alessandro Derewitsky
Canzoni : Cesare A. Bixio, Armando Fragna
Montaggio : Duilio A. Lucarelli
Aiuto regia : Giorgio Bianchi
Direttore produzione : Giuseppe Sylos
Produzione : Liborio Capitani per Produzione Capitani
Durata: 85 minuti



Interpreti e personaggi:
Totò ( Mastr'Agostino Miciacio )
Titina De Filippo( Concetta, la moglie )
Silvana Jachino( Serafina, la figlia)
Franco Coop( don Raffaele il barbiere)
Osvaldo Genazzani( Giorgio il fidanzato di Serafina)
Bella Starace Sainati( nonna Provvidenza)
Eduardo Passarelli( Orazio, il lampionario)
Augusto Di Giovanni( don Peppino Esposito)
Mario Siletti( l'amministratore)
Giacomo Almirante( il pretore)
Edmondo Starace(il cancelliere)
Oreste Bilancia( testimone al processo)
Peppino Villani( inquilino del vaglia)
Peppino Spadaro( mastro Vincenzo, il calzolaio)
Grazia Spadaro( Rosalia)
Dina Romano( donna Filomena)
Liliana de Curtis(la bambina)
Maso Marcellini(Benedetto)
Renato Chiantoni(l'avvocato difensore)
Emilio Petacci(il pubblico ministero)
Gorella Gori(testimone)
Raffaele Balsamo(inquilino)
Vincenzo Fummo(inquilino)

Altri interpreti :
Mario Ersanilli, Milla Papi

        

        

        

        

Soggetto

Agostino e' devotissimo del quadro del Battista situato nel cortile del palazzo di cui e' portiere. Una notte riesce a strappare un bottone dal panciotto di un uomo che ruba l'olio della lampada votiva. Il guappo Peppino vuole imporgli come genero Orazio,ma Serafina figlia di Agostino ama Giorgio che una volta laureatosi fugge con lei dai nonni in Sicilia per sposarla.Qui per assistere alle nozze giunge anche Agostino che porta con se' il quadro del Battista,all'improvviso appare il guappo Peppino che viene messo in fuga da Agostino dopo aver scoperto che il bottone manca proprio dal panciotto del guappo.

Critica e curiosità

Liborio Capitani, produttore del film, inizialmente pensa di far dirigere il film a Gero Zambuto ma vista le'ta' ormai avanzata del regista opta per Cesare Zavattini e al rifiuto di quest'ultimo si decide per Amleto Palermi.Del cast fanno parte anche Oreste Bilancia, il primo dei testimoni nel processo contro mastr'Agostino, Peppino Villani, nome conosciutissimo del cafè chantant napoletano, e una piccola bambina di 7 anni che si reca da Miciacio/Totò per ritirare le scarpe della madre, si tratta di Liliana la figlia di Totò nell'unica apparizione cinematografica della sua vita con il padre. Totò si e' sempre opposto a che sua figlia faccia parte del dorato mondo del cinema ma stavolta convinto da Capitani da il suo consenso.La piccola Liliana per questa parte nel film riceve come compenso una bambola. Il lancio dei piatti nel finale e' un'idea di Totò la sceneggiatura prevedeva infatti che Totò rompesse un solo piatto sul capo del guappo don Peppino, furono ordinati circa 1000 piatti e nelle prove tutti, non solo gli attori, si divertirono, forse un po' troppo, a lanciarli gli uni contro gli altri. Alla fine si contarono tre feriti Totò, Di Giovanni(il guappo) e Titina De Filippo che ferita sotto un'occhio si rifiuta di girare la scena, accetta solo dopo aver avuto assicurazioni sulle "qualità" dei lanciatori.

Scriveva un [Anonimo], Corriere dello Sera, Milano, 19-20 dicembre 1940:
«[...J Nella terza tappa cinematografica Totò mostra di avere più esperienza e sicurezza, senza dubbio perché l'affiatamento con Palermi è riuscito; già la sua maschera ha una consistenza, sullo schermo, ed un rilievo. Se gli riuscirà di sottrarsi all'atmosfera paradossale, da giornale umoristico, che tuttora sembra gli sia cara, e accentuerà la tendenza, ora in erba, a divenire un tipo, vero e umano, Totò avrà portato utilmente a termine uno studio e un'elaborazione di cui già si vedono i primi buoni risultati [...]. Il centro vero del film è [...] il cortile; i cori, le urla, le scenate da cortile sono la sua voce più fedele. Tuttavia, non è la prima parte, quella in cui egli vive, da ciabattino-portiere, nel centro della corte, il saggio migliore di Totò. Quando, nella seconda, definisce con nettezza la figura di Agostino, un poveraccio tra pavido e borioso, tra scroccone e vanesio, la risata è più spontanea e frequente[. . . ]».

E ancora B.Y., Tempo, IV, 83, Milano, 26 dicembre 1940:
«[...] Totò è un grande comico, vero erede di quella tradizione della commedia dell'arte, che la morte di Petrolini pareva avesse dovuto estinguere. Un poco ricorda infatti Petrolini - la asimmetria del volto, il naso e il mento sproporzionati, la bocca grande e arricciata - ma ancora non si è umanizzato come il maestro. Certo la sua comicità non il risultato di una astrazione marionettistica dalla vicenda, per mezzo d'una maschera "di bronzo" come quella di Macario (o di Buster Keaton) ma nasce invece da una reazione umoristica e occasionale la situazione e da un portamento clownesco e lazzarone, che lo individua immediatamente. [...] In fondo,Totò è alle sue prime armi, nel cinema, ma è un'ottima recluta; sarebbe bastata una regia più accurata, una fotografia più inventiva e un ritmo meno descrittivo e più attivo per fare con questa pellicola dell'ottimo cinema. Le trovate sono generalmente buone: soprattutto nella seconda parte indichiamo quella del piatto su cui Totò depone la testa per farsela tagliare e quella del canto muto: ma la pellicola, che risente per quello che ha di meglio, della collaborazione di Zavattini alla sceneggiatura, non ne è tuttavia completamente sottoposta al suo controllo, come avremmo desiderato, per godere della collaborazione sua, della sua vena comica, con quella di Totò, italianissima maschera».

Osvaldo Scaccia, Film, IV, 3, Roma, 18 gennaio 1941:
«[...] Sono dieci anni che il pubblico ride in teatro per le "bazzecole, quisquiglie e pinzellacchere" di Totò. Era necessario portarle anche nel cinema? Era necessario condire il San Giovanni con le stesse spezie e gli stessi aromi un po' svaniti di un gusto artistico un po' dubbio con cui Totò da anni condisce le sue macchiette tipicamente dialettali? Io penso di no. E penso di no, perché, anche dopo aver visto il San Giovanni, resto dell'opinione che dei nostri attori comici Totò è ancora il più cinematografico, quello capace, per le sue doti più che artistiche naturali, per quella sua maschera così grottescamente e comicamente fotogenica, per quel muoversi così strambo e originale, di dare al nostro cinema un "tipo" comico nuovo e francamente divertente. Chi deve scoprire questo "tipo"? Totò o il regista? Io penso: il regista. Totò e troppo legato ancora al varietà, e più che al varietà, al successo che ottiene in varietà per dimenticare se stesso e tentare di dare alla luce un nuovo Totò, un Totò cinematografico, un Totò di una comicità meno dialettale ma più elaborata e consistente. [...] Del San Giovanni decollato di Martoglio è rimasto, in questa riduzione, solo il titolo. Gli sceneggiatori hanno saputo trasformarlo in modo completo e, direi, quasi devastatorio. Una specie di farsa che non fa ridere, senza la più piccola trovata, senza - ad eccezione di quelle di Totò già note da un ventennio - la più economica battuta [.. .]».

Da ricordare il lungo e gustoso monologo del ciabattino :

In primis et antimonio una scarpa fine si fa di capretto e di vitellino di latte , questa è la madre del vitello , chiamata volgarmente vacchetta . Secondis , questa è tinta fatta col vitriuolo , e difatti appena un signore vi poggia il dito del pipistrello della mano se lo sporca , se lo anilifica . Terzis , questa suola non è battuta a dovere e difatti dopo un giorno o due di marcia o di camminamento a piedi mette fuori la lingua come un cane da caccia . Ancora due parole , non ho finito verbo . Gli elastici sono di cotone e non di seta , e perciò cedono , vedi che cedono . La tramezza è usata fraudolente. I punti di questo gurdione sono dati con la zappa e con la lesina , dico lesina. Ed infine, mio caro amico , le solette interne , guarda , sono di cartone e non di pelle . Perciò , mio carissimo signor ciabatttino , queste scarpe sono da fiera . Sei e cinquanta. E se non sapete fare il calzolaio , andate a fare il farmacista , che è meglio . Rimembris omnibus , cioè ricordati uomo , che calzolaio si nasce , non si diventa , ostregheta.


Titina De Filippo

Data nascita: 23 Marzo 1898 (Ariete), Napoli (Italia)
Data morte: 26 Dicembre 1963 (65 anni), Roma (Italia)
Figlia naturale di Eduardo Scarpetta, sorella maggiore di Eduardo e Peppino, esordisce a sette anni sul palcoscenico di Miseria e nobiltà. Lavora con i fratelli nella loro compagnia teatrale. Si sposa a 24 anni con Pietro Carloni. Avrà un figlio, Augusto, che scriverà la sua biografia. Esordisce sul grande schermo net 1937. Strappa il ruolo di Filumena ad Anna Magnani. Net 1961 e costretta a ritirarsi dalle scene, per i suoi frequenti attacchi d'asma. Tra i suoi film: Assunta Spina (1948), di Mario Mattoli; Napoli milionaria (1950), di Eduardo De Filippo; Cameriera bella presenza offresi (1951), di Giorgio Pastina; Filumena Marturano (1951), di Eduardo De Filippo: Cinque poveri in automobile (1952), di Mario Mattoli; La vena d'oro (1955). di Mauro Bolognini; La fortuna di essere donna (1956) di Alessandro Blasetti; Totò, Peppino e i fuorilegge (1956), di Camillo Mastrocinque; Totò, Vittorio e la dottoressa (1957) di Mastrocinque.


Silvana Iachino

Data nascita: 2 Febbraio 1916 (Acquario), Milano (Italia)
Data morte: 31 Agosto 2004 (88 anni), Rimini (Italia)
Fu una delle interpreti di primo piano durante la stagione dei telefoni bianchi, quando il cinema era fascista e Cinecittà era un focolaio di commediole e melodrammi che appassionavano gli italiani. Figlia del compositore Carlo Jachino e nipote dell'ammiraglio Angelo Jachino (che durante la Seconda Guerra Mondiale comandò la squadra navale italiana), nonché di Robusto Mori, primo sindaco di Cattolica, si fece notare da subito per le sue caratteristiche fisiche: biondissima, minuta e armoniosa, diventando, in brevissimo tempo, la prima fidanzatina più popolare del regime. Il suo debutto fu accanto a Angelo Musco e Mario Pisu e diretta da Gennaro Righelli ne L'aria del continente (1935), storia di un contadino siciliano che va al nord per essere più moderno e spregiudicato e torna nell'isola con un'amante settentrionale scostumata. Seguirà la pellicola di Guido Brignone Nozze vagabonde (1936) con Luigi Almirante e, nel mentre, affiancò anche Amedeo Nazzari e Anna Magnani in Cavalleria (1936) per la regia di Goffredo Alessandrini. Partner di Vittorio De Sica sul set di Partire (1938) di Amleto Palermi, la Jachino si collocò perfettamente nel circuito cinematografico nazionale in mezzo ad altre grandi interpreti come Maria Denis, Elli Parvo e Lilia Silvi. Eravamo sette vedove (1939) di Mario Mattoli fu il suo film più famoso, ma Silvana mostrò di essere una perfetta interprete anche in Melodie eterne (1940) di Carmine Gallone. Mattoli la fece spalla femminile di Erminio Macario nella pellicola comica Non me lo dire! (1940), e Palermi fece altrettanto (affiancandola però a Totò) in San Giovanni decollato (1940). C'è un fantasma nel castello, la commedia musicale Voglio vivere così (con il tenore Ferruccio Tagliavini) e Lettere al sottotenente (1943) furono le pellicole che le portarono più fortuna. Poi, nella sua carriera, arrivò addirittura un kolossal diretto da Alessandro Blasetti: Fabiola (1949). Lungo tutti gli anni Cinquanta fu una presenza fissa nella filmografia di Mattoli da Accidenti alle tasse!! (1951) a Vendetta sarda (1951), passando per Anema e core (1951) e proseguendo per Cinque poveri in automobile (1952) e Il medico dei pazzi (1954). Ma non solo attrice, fu anche aiuto regista per Francesco De Robertis e Odoardo Fiory in Uomini ombra (1954). Matarazzo, Comencini e Lizzani furono gli ultimi autori a darle delle parti di rilievo, poi con il dopoguerra, i gusti mutarono. Nacque il neorealismo, avvenne lo sbarco delle maggiorate che decretarono, senza ma e senza se, il declino di attrici come la Jachino. Negli anni Sessanta, si consolò nelle pellicole di Sergio Grieco e apparve di rado in qualche film d'autore come …E la donna creò l'uomo (1964) di Camillo Mastrocinque e Giulietta degli spiriti (1965) di Fellini, pur senza snobbare i musicarelli (Riderà, 1967, con Little Tony per Corbucci). Il suo ultimo film, prima di lasciare definitivamente le scene, fu La modification, del 1970, di Michel Worms con Emmanuelle Riva e Sylva Koscina, poi sposata con Guido Cingoli, si godé il resto della sua vita. Ma rimasta vedova, decise di trasferirsi nella casa di riposo di Morciano, nei pressi di Rimini, dove si ammalò e morì.


Osvaldo Genezzani

La sua principale attività nel mondo del cinema è quella di interprete e tra i lavori più interessanti possiamo citare la partecipazione nel film San Giovanni decollato (1940) di Amleto Palermi dove ha interpretato la parte di Giorgio Maria Santapola. Nel 1971 ha inoltre lavorato con Luciano Ercoli per la realizzazione del film Le foto proibite di una signora per bene dove ha interpretato la parte del commissario.


Bella Starace Stainati

Data nascita: 2 Giugno 1878 (Gemelli), Napoli (Italia)
Data morte: 4 Agosto 1958 (80 anni), Bologna (Italia)
Prima di apparire nel mondo del cinema, ebbe una notevole e varia carriera teatrale, lavorando in diverse compagnie di grido e dimostrandosi un’attrice sensibile e dotata di grande forza espressiva. Fece il suo esordio sul grande schermo durante gli anni del cinema “muto”, ma si dedicò continuativamente all’attività cinematografica soltanto a partire dal 1938, interpretando numerosi film, alcuni dei quali anche di buon livello artistico; tuttavia le furono affidati solo personaggi e ruoli di secondo piano, che seppe però impersonare con originalità ed efficacia. Prese parte a vari film anche nel dopoguerra, fra la seconda metà degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta.


Franco Coop

Data nascita: 27 Settembre 1891 (Bilancia), Napoli (Italia)
Data morte: 27 Marzo 1962 (70 anni), Roma (Italia)
Magnifico caratterista, distintosi sempre per la sua grande classe e il suo fine umorismo, ottenne grandissimi successi in teatro come in cinema, dove interpretò, a partire dagli anni '30, numerose commedie leggere, come Ninì Falpalà (1933), La signora di tutti (1934), Darò un milione (1935), Fermo con le mani (1937), il primo film del grande Totò, San Giovanni Decollato (1940), L'allegro fantasma (1941), Gelosia (1942), Le vie del peccato (1945), La presidentessa (1952), Café Chantant (1954) e Totò, Vittorio e la dottoressa (1957). La sua voce profonda e nasale gli consentì di intraprendere anche una brillante carriera come doppiatore.


Eduardo Passarelli

Data nascita: 20 Luglio 1903 (Cancro), Napoli (Italia)
Data morte: 9 Dicembre 1968 (65 anni), Napoli (Italia)
Figlio naturale di Eduardo Scarpetta e di Anna De Filippo fu fratellastro dei tre più famosi De Filippo, Eduardo, Peppino e Titina. Dopo un'intensa attività nel teatro di rivista, in cui apparve a fianco di Totò, in spettacoli dialettali napoletani (ma recitò anche da attore “serio”, in Amleto, a fianco di Anna Proclemer), a partire dal 1937, esordì nel cinema quale apprezzato caratterista. Negli anni del dopoguerra continuò questa sua attività, prendendo parte a numerosi film di genere comico-leggero e “napoletano”, conquistandosi il favore del pubblico grazie alle sue doti di attore brillante, dalla mimica vivace ed espressiva. In funzione di queste sue qualità, apparve anche in un film “serio” come Roma città aperta (1945, Roberto Rossellini), benché in un ruolo secondario. Nel 1952, insieme al giornalista Alessandro Ferraù ed a Totò, curò un libro autobiografico, che prese nome da un celebre film dello stesso Totò, Siamo uomini o caporali? Fu padre dell'attore Pasquale De Filippo, che seguì le sue orme, ma con minore successo.


Augusto Di Giovanni

Data nascita: 11 Febbraio 1910 (Acquario), Salerno (Italia)
Data morte: 9 Aprile 1963 (53 anni), Napoli (Italia)
Attore teatrale, specializzato nel dare vita a macchiette e a personaggi dialettali del mondo partenopeo, nel 1938 esordì nel cinema con un film particolarmente adatto alle sue capacità, L'ultimo scugnizzo ,diretto da Gennaro Righelli. Anche in seguito Di Giovanni non si distaccò mai da questo tipo di recitazione, limitandosi ad interpretare simpatiche figure di secondo piano in film di non grande valore artistico, ma di buon successo di pubblico e di cassetta. Questa sua attività si protrasse, benché saltuariamente, anche negli anni del dopoguerra.


Mario Siletti

Mario Siletti Data nascita: 5 Febbraio 1897 (Acquario), Torino (Italia)
Data morte: 17 Marzo 1977 (80 anni), Roma (Italia)
Dopo avere partecipato alla prima guerra mondiale debuttò nel 1920 nel teatro di prosa con la compagnia Ferrero-Celli-Paoli, dando inizio ad una carriera di attore brillante, che si protrasse, con varie compagnie di grido, fino al 1932, anno in cui esordì nel cinema, recitando in un film di Nunzio Malasomma, Sette giorni cento lire. Richiestissimo da molti registi, Siletti divenne uno dei caratteristi più simpatici e più popolari del periodo, interpretando numerosissimi film, talora anche in parti molto piccole. Al termine della seconda guerra mondiale, Siletti tornò al teatro di prosa, recitando dapprima con la formazione diretta da Peppino De Filippo nel 1953-1954, poi con una sua propria compagnia, presso il Teatro delle Muse di Roma. All'attività teatrale, Siletti affiancò anche quella radiofonica, mentre apparve raramente in televisione; ebbe però un ruolo abbastanza importante nel telefilm 1943: un incontro, episodio della serie Tre donne, diretta nel 1971 da Alfredo Giannetti.


Giacomo Almirante

12 Gennaio 1944 (Capricorno), Palermo (Italia) glio di Nunzio, fratello di Ernesto e Luigi, attori, e del regista Mario, cugino di Italia, si sposa nel 1904 con la sorella di Olinto Cristina, Ada, che appare in teatro e nel cinema con il nome di Ada Cristina Almirante. Inizia la propria attività artistica nel 1891 nella compagnia diretta da uno zio paterno, Antonio Teodosio. Dal 1892 al 1889 è con la Borelli-Palmidesi, con Calamai e con la Borelli-Giannini-Del Moro diretta da Luigi Monti, poi recita accanto ad Angelo Diligenti e infine è con Pietro Zoli e con la Pazzaglia-Bozzo. Nei primi del Novecento diviene “primo attor giovane” con la Mascalchi-Garzes-Farina per passare in seguito con Luigi Duse, e quindi con la Vitti-De Riso, la Pieri-Garavaglia, la Stabile Romana e con Ermete Novelli. Si fa apprezzare come attor comico nel 1909 quando ha l’occasione di una buona scrittura con la compagnia Galli-Guasti-Ciarli-Bracci, poi nel biennio 1912-13 diviene direttore e capocomico della compagnia di Anna De Marco, per passare quindi nella Grand-Guignol, ritornando successivamente dal 1916 al 1919 nella Galli-Guasti-Ciarli. Continua ad apparire sempre in teatro accanto a Sichel, Gandusio, Renzo Ricci e poi nella Besozzi-Menichelli-Migliari. Nel cinema muto compare in un solo film della Milano Films Amanda (1916) di Giuseppe Sterni. Nel cinema sonoro non ha che scarse occasioni, apparendo come caratterista in una quindicina di film circa.


Peppino Villani

(Wikipedia) (Napoli, 3 luglio 1877 – Roma, 22 ottobre 1942)
Attore autodidatta, di grande capacità comica ed esperto finedicitore, Villani esordì appena ventenne nel teatro di varietà napoletano, imitando le macchiette di Nicola Maldacea. Il suo gusto musicale raffinato, però, gli consentì di curare particolarmente quell'aspetto della rappresentazione, portandolo a scrivere canzoni come accompagnamento alle esibizioni. Il successo nazionale gli arrise presto, permettendogli di creare una propria compagnia di riviste. Nonostante lo si ricordi come trasformista[1], Villani era solito esibirsi senza trucco, indossando un costume composto da una bombetta, una giacca a righe e pantaloni stretti ai polpacci[2]. L'avvento del fascismo e la conseguente penalizzazione del teatro vernacolare non giovarono all'attività artistica di Villani, che si vide costretto ad abbandonare le scene. Nel cinema si produsse, non accreditato, in una sola pellicola: il San Giovanni decollato di Amleto Palermi. Al repertorio musicale di Villani hanno attinto diversi cantautori, tra i quali Roberto Murolo.


Oreste Bilancia

Data nascita: 24 Settembre 1881 (Bilancia), Catania (Italia)
Data morte: 31 Ottobre 1945 (64 anni), Roma (Italia)
Esordisce come attore dialettale nel 1906 quando viene scritturato dalla Compagnia Calabresi-Severi e successivamente diviene “secondo attore brillante” in lingua nella Galli-Guasti-Ciarli-Bracci. Dal 1910 a tutto il 1913 è direttore del Casinò di San Remo per poi accedere sempre con il medesimo titolo al Kursaal di Montecatini. Sul finire del 1914 debutta sullo schermo in un film dell’Ambrosio di Torino La scintilla, sotto la regia di Eleuterio Rodolfi accanto a Tina Di Lorenzo e Armando Falconi. Da quel momento in poi viene scritturato per parecchie pellicole fra le quali Romanticismo (1915) di Campogalliani, La lucciola, Maschiaccio e Il siluramento dell’“Oceania” girati tutti nel 1917 da Genina, il quale lo ripropone l’anno successivo in Addio, giovinezza! Poi gira sotto la guida di Gero Zambuto Il matrimonio di Olimpia (1918) ed è tra gli interpreti principali di Hedda Gabler (1920) diretto da Pastrone con lo pseudonimo di Piero Fosco. Nel 1920 Righelli lo dirige ne La casa di vetro, cui fa seguito Il controllore dei vagoni-letto (1922) di Mario Almirante. Poi nel 1924 appare in Maciste e il nipote d’America di Rodolfi, ne La taverna verde di Luciano Doria e in Voglio tradire mio marito! (1925) di Mario Camerini. Verso la metà del 1925, causa la crisi del cinema italiano, si trasferisce in Germania riuscendo a ottenere alcune scritture e lavorandovi fino al 1929, anno in cui ritorna in patria. Qui alterna l’attività cinematografica con quella di attore di rivista in compagnie importanti e di prestigio (Compagnia Riccioli-Primavera, la Wunder Bar, Odoardo Spadaro, Milly, la A.B.C. n. 1 e Macario). L’aspetto grassoccio, il carattere allegro e bonario, il fisico rubicondo e l’andatura elegante lo fanno impiegare soprattutto come caratterista di buona tempra. Si è sposato con l’attrice Asta Gundt.


Peppino Spadaro

Data nascita: 6 Agosto 1898 (Leone), Piedimonte Etneo (Italia)
Data morte: 20 Novembre 1950 (52 anni), Roma (Italia)
Fratello maggiore del più noto Umberto, lavora intensamente in molte compagnie dialettali e nel teatro di prosa. Nel cinema è attivo soprattutto nel periodo 1945-1950 come caratterista. Fra l’altro è l’avvocato Bonavino di Sciuscià e il brigadiere di Ladri di biciclette.


Dina Romano

Data nascita: 29 Agosto 1988 (Vergine), Pistoia (Italia)
Data morte: 7 Novembre 1957 (-31 anni), Roma (Italia)
Madre degli attori Carlo Romano e Felice Romano, fu attiva sia in teatro che alla radio. Entrata a far parte del mondo del cinema dal 1935, si dedicò al doppiaggio, lavorando al tempo stesso come apprezzata caratterista, dotata di buon mestiere e di notevole sensibilità. Ha partecipato a una cinquantina, dal 1933 al 1951, fra i tanti si segnala I promessi sposi (Mario Camerini, 1941).


Renato Chiantoni

19 Aprile 1906 (Ariete), Brescia (Italia)
Figlio dell’attore drammatico Amedeo Chiantoni, ha esercitato una lunga attività teatrale. Esordì nel cinema nel 1937, con una parte in Gatta ci cova, con la regia di Gennaro Righelli. Nel corso della sua carriera prese parte a moltissimi film, in ruoli di secondo piano e di caratterista, prediligendo il genere comico e leggero. Ha lavorato anche come direttore di produzione e regista di cortometraggi.


Emilio Petacci

Data nascita: 25 Gennaio 1896 (Acquario), Roma (Italia)br> Data morte: 20 Marzo 1965 (69 anni), Roma (Italia)
Figlio d'arte, entrò a far parte del Teatro stabile di Roma nel 1909, con il ruolo di attor giovane; poi, passando attraverso varie compagnie, lavorò a lungo nel teatro di prosa, tanto che, nell'immediato dopoguerra lo troviamo nella compagnia di Peppino De Filippo, con cui rimase per nove anni, affermandosi valido attore, anche se in parti di secondo piano. Nel 1913 debuttò nel cinema «muto», con il film Ma l'amor mio non muore, diretto da Mario Caserini, al quale fecero seguito Il piccolo patriota padovano (1915, Leopoldo Carlucci) e Dagli Appennini alle Ande (1916, Umberto Paradisi). Tuttavia, la sua attività cinematografica divenne continuativa soprattutto nel decennio 1930-40, durante il quale si specializzò in ruoli di caratterista, efficaci e ben tratteggiati. Nel secondo dopoguerra lavorò nel cinema con minore assiduità, comparendo qualche volta anche in televisione.

*I testi delle biografie degli attori sono tratte da www.mymovies.it



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