Dario Fo e Totò

Totò, insieme alla fidanzata Franca Faldini, nel backstage del teatro Carignano.
Con lui gli interpreti e autori di "Un dito nell'occhio" : Giustino Durano, Dario Fo, Franco Parenti e il maestro Cinico Angelini


Ci eravamo conosciuti Totò ed io di persona. Era l'inizio degli anni Cinquanta, sessant'anni fa. Io ero un ragazzo. Ero Torino con Il dito nell'occhio che stava riscuotendo un notevole successo all'Alfieri. Lui venne a vedere lo spettacolo con il suo manager e subito dopo volle conoscere me, Franca, Giustino Durano, Franco Parenti... Rimase in piedi per un lungo tempo prima di parlare. Non avrei mai pensato che quel comico tanto scatenato sul palcoscenico, fosse così timido e riservato nella vita. "Complimenti" ricordo che ci disse" avete fatto una gran bella cosa". "È anche grazie a lei", rispondemmo noi. "Abbiamo sempre presente il suo lavoro di comico". E lui: "Io sono il passato. Voi siete il domani. Anzi il dopodomani. State attenti a non farvi raggiungere, bisogna stare sempre un passo avanti".
Che lezione! Parte da qui il mio Totò, di cui il nuovo cofanetto Einaudi ci mostra una ricca selezione di scene e di bravura. Io credo che se fosse vissuto oggi, Totò ci avrebbe divertito con qualche farsa su Berlusconi, perché era come Molière: amava le situazioni in cui il comico scimmiottava il personaggio centrale e da mortificato diventava mortificatore. L'esempio è la famosa scena dello scompartimento del treno in cui Totò deve contendersi la cuccetta con l'onorevole Trombetta: prima lo blandisce, poi lo ridicolizza, gli fa il verso, gli starnutisce perfino addosso, butta le sue valigie giù dal finestrino, finendo per avere la meglio. Oppure quell'altra scena in cui fa il ciabattino.
Il cliente lo maltratta, lui comincia a battere sulla scarpa da risuolare, accelerando il ritmo in maniera esagerata, terribile. Tutti gli inquilini delle case intorno si affacciano imprecando ma Totò accelera ancora il ritmo e sferra l'ultima mazzata sulla scarpa infilata nel piede del boss del rione. A quel punto: urlo e applausi del vicinato.
La costante scenica è che Totò è la vittima che riesce a ribaltare la situazione. C'è qualcosa di ribelle nella sua maschera. Questo perché all'origine della sua comicità c'è la miseria, la fame, il dolore, il tradimento, la guerra. C'è la tragedia. C'è Napoli. Io ho sempre pensato che il modello di Totò fosse Raffaele Viviani, a mio avviso il più grande teatrante del Novecento: a lui Totò si è ispirato per il mamo, il mimo di spalla che non capisce, si confonde e viene bastonato ma fa di tutto per apparire scaltro. Come Arlecchino. Totò è infatti l'Arlecchino del Novecento.
Una maschera. Totò può interpretare personaggi diversi, ma ci si ricorda solo di lui. Perché Totò è la vera maschera. La maschera non è travestimento, né nasconde l'attore. Lo svela. È la sintesi magica, non di un personaggio, ma di un mito. E infatti Totò che faccia l'arabo o il gangster Totò Le Moko, il povero o il ricco è sempre se stesso.
E come le maschere, anche quella di Totò è asessuata. Non c'è mai in lui un atto di erotismo smaccato, né allusioni esplicite alla sessualità. E dirò di più, Totò non arriva mai all'osceno. La maschera Totò è, invece, spietata. In certi film fa cose cattivissime, al limite del crudele, come quando interpreta il chirurgo che con la faccia sadica esegue interventi macabri. Totò non possiede pietà, nè si fa scrupolo di montare sulla testa di disgraziati come lui.
Ma questa è la grande differenza che lo distingue da altri comici del mondo. In Totò non c'è mai la favoletta ed è una delle ragioni per cui anche i ragazzini lo amano. In lui c'è sempre il crudele, il dramma, lo ha capito bene, negli ultimi film, quel grande autore che era Pasolini che lo chiamò per La terra vista dalla luna e Uccellacci e Uccellini dove Totò appariva sublime non solo nella celebre camminata da marionetta ma anche nel dialogo con il corvo. Una scena di altissimo livello. Che imbecilli i critici cinematografici, i quali, lui in vita, lo snobbavano. Non avevano capito che lui non edulcora la violenza del mondo, non dipinge un mondo di sogno. Non avevano capito che, in certi momenti, Totò era perfino più avanti di Charlot .

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