Le streghe

3° episodio "La terra vista dalla luna"

[Totò] [Ninetto Davoli]

[Totò] [Totò,Ninetto Davoli e Silvana Mangano]

Videoclip titoli di testa

Regia : Pier Paolo Pasolini
Soggetto : Pier Paolo Pasolini
Sceneggiatura : Pier Paolo Pasolini
Fotografia : Giuseppe Rotunno
Scenografia : Mario Garbuglia,Piero Poletto
Musica : Ennio Morricone
Montaggio : Nino Baragli
Aiuto regia : Sergio Citti
Produzione : De Laurentis Cinem.,Roma/PAA,paris
Durata: 30 minuti

Interpreti e personaggi:
Totò ( Ciancicato Miao )
Ninetto Davoli( Basciù Miao)
Silvana Mangano( Assurdina Caì )
Laura Betti( un turista )
Luigi Leoni( moglie del turista )
Mario Cipriani( il prete )

              

     

Soggetto

Ciancicato,con il figlio Basciù,si unisce ad Assurdina una sordomuta dai capelli verdi che in un attimo mette in ordine la baracca dei due.La donna muore e riappare da fantasma per seguitare ad accudire i due poveretti.

Critica e curiosità

Scriveva Onorato Orsini : " [..] Pasolini improvvisa un teatrino da paese dei balocchi , con Totò che somiglia a Pampurio e la Mangano ala fatina dai capelli turchini [..] Bello , forse geniale . L'invenzione poetica è costante , il gusto è squisito . La Mangano e Totò deliziosi nel lungo balletto burlesco [..] " .
E Goffredo Fofi : " [..]Ma non si può forse chiedere troppo alla rapidità charlottiana [..] di questa cosetta , ma però bellina , rallegrata da un grande Totò pienamente uomo proprio quando è più liberamente maschera come nei suoi giorni migliori [..] " .


Ninetto Davoli

Nome: Giovanni Davoli
Altri nomi: Ninetto
Data nascita: 11 Ottobre 1948 (Bilancia), San Pietro a Maida (Italia)
Un ragazzo tosto trasformato in un interprete sensibile e in un eroe che ha popolato pellicole ricche di poesia e sempre pronte a prendere a pugni gli avversari borghesi. Non è inspiegabile che un ragazzo di strada come Ninetto Davoli sia diventato, improvvisamente, uno degli attori italiani più amati e utilizzati da uno dei grandi registi di casa nostra. Il buon Pasolini, in effetti, aveva visto bene in questo giovane, nella sua simpatia, nel suo sorriso, in quel suo essere così vivo e luminoso. Qualcosa nei suoi occhi, nella sua fisicità o nella sua voce era un messaggio di speranza e d'amore. Ninetto Davoli è, per cui, uno degli ultimi messaggeri del cinema di un genio. Esordisce come attore nel 1954, quando Luigi Zampa lo sceglie per una piccola parte ne La romana, pellicola drammatica con Gina Lollobrigida, ma il vero esordio nella cinematografia italiana avviene grazie all'incontro, a 15 anni, con il suo pigmalione, il regista e scrittore Pier Paolo Pasolini che lo dirigerà in ben nove film. Davoli, con quella sua semplicità e quella naturalezza un po' svagata, ben si adatta a una galleria di personaggi pasolinani che entreranno nella storia del cinema. Ma forse è meglio lasciare a Davoli stesso la descrizione della genesi di uno dei più incredibili sodalizi della nostra settima arte degli anni Sessanta/Settanta: «Per me, il cinema era Charlot, Stanlio e Ollio, Totò… e io andavo a vederli con gli amici. Poi un giorno, Pier Paolo mi ha chiesto se volevo fare un film con lui. Mi conosceva, sapeva che ero timido e allora per convincermi mi disse che mi avrebbero dato qualcosa. All'epoca c'era la fame, e gli risposi: "E quanto mi danno?". E lui: "Non so… Uno… Due milioni". "Due milioni?!? Che..!?! E con chi dovrei lavorare?". "Con Totò". "Ma Totò quello del cinema? E mi pagano per lavorare con Totò?"». Convinto dall'intellettuale comunista, Davoli appare ne Il vangelo secondo Matteo (1964), successivamente seguito da capolavori come Uccellacci e uccellini(1966), Edipo Re (1967), Le streghe (1967), Teorema (1968), Capriccio all'italiana (1968), Amore e rabbia (1969), Porcile (1969), Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1973) e infine ne Il fiore delle mille e una notte (1974). In brevissimo tempo, l'amicizia diventa qualcosa di più. Lui e Pasolini sono come fratelli, condividono un profondissimo affetto l'uno per l'altro e un'immensa passione per il cinema. Pasolini gli ha aperto un varco, vincendo le sue incertezze e le sue esitazioni, spronandolo a dare sempre il meglio sul set. Sempre secondo Davoli, è come se gli avesse detto "Niné, questa è la vita, vai!". Ma gli anni Settanta, non sono fatti solo di Pier Paolo Pasolini e Davoli, con un corpo gagliardo e maschio, trova posto anche nella commedia sexy italiana, recitando accanto a Giuliano Gemma ne Il maschio ruspante (1972), Maria Rosa la guardona (1973), Spogliamoci così senza pudor… (1977) e La liceale seduce i professori(1979). Fortunatamente, la vicinanza con Pasolini lo mette in buona luce con altri registi come Carlo Lizzani che lo vorrà in Requiescant (1966) o Bernardo Bertolucci che lo inserirà accanto a Stefania Sandrelli in Partner (1968). Ottimo è il rapporto con Franco e Sergio Citti: reciterà con il primo e sarà diretto dal secondo in Ostia (1970), Storie scellerate (1973), Casotto (1977) e Il minestrone (1981). La filmografia di Davoli si arricchisce di titoli come che vanno dai più popolari come Er più – Storia d'amore e di coltello (1971) di Sergio Corbucci a pellicole più intellettuali come La tosca (1973). Poi la catastrofe: nel 1975, Pasolini viene ucciso. Oltre al dolore profondo che Davoli prova, inizia lento, ma inesorabile il declino della sua carriera. Senza Pasolini, si sente perso. L'Agnese va a morire (1976) di Giuliano Montaldo, Buone notizie (1979) di Elio Petri e Il cappotto di Astrakan (1980) di Marco Vicari sono le ultime pellicole che interpreta. Lavorerà anche all'estero, diretto da Miklòs Jancsò ne Il cuore del tiranno (1981) e, dopo Il conte Tacchia (1982) ancora per Corbucci e Animali metropolitani (1987) di Steno, si farà attore televisivo in mediocri miniserie. L'unica apparizione cinematografica degli anni Novanta è per l'amico di sempre, Sergio Citti che lo vuole nel film I magi randagi (1996), poi una piccola parte nella serie tv L'avvocato Porta (1997) con Gigi Proietti e l'Oblio. Nonostante questo, la personalità artistica di Ninetto Davoli vive ancora, tanto che l'amministrazione comunale del suo paese gli conferisce la cittadinanza onoraria. Torna a recitare nel 2006, sotto la regia di Eugenio Cappuccio in Uno su due con Fabio Volo.


Silvana Mangano

Data nascita: 21 Aprile 1930 (Toro), Roma (Italia)
Data morte: 16 Dicembre 1989 (59 anni), Madrid (Spagna)
Nella speranza che non venga dimenticata, si parla ancora di lei, correttissima e mai buffa, un fenomeno della recitazione che fece uscire allo scoperto tutti i possibili volti della femminilità (buona o cattiva essa sia) dell'Italia. Una vita fatta però di cattivi sentimenti, dove sotto quella facciata da "divina", perfettamente confezionata su misura dall'ex marito Dino De Laurentiis, si nascondevano gesti e parole senza un centro di gravità permanente. Il mondo, visto con gli occhi di Silvana Mangano, era un mondo rivoltato e disgregato, un mondo a cui lei guardava con furore crescente e con qualche esplosione di anarchia, a volte. Un mondo che l'ha fatta delirare e chiudere in se stessa. Guardarsi allo specchio e odiarsi, trovarsi orribile. Questa è stata la condanna che la Mangano si è autoinflitta per tutta la sua vita, vedendosi colpevole di aver sacrificato tutto e troppo per il mondo dello spettacolo. Un'attrice indimenticabile, oseremo dire d'avanguardia e incredibilmente surreale nelle mani e negli occhi di grandi intellettuali come Visconti e Pasolini, ma una moglie gelida e una madre fantasma che nel suo silenzio gridava paradossalmente aiuto. Divenuta folle dentro le convenzioni del conformismo, la Mangano era una mina colma di atomi incontrollabili pronti a esplodere da un momento all'altro, anche di fronte alla schiacciante razionalità, ma principalmente davanti alle amarezze della vita. Al suo fianco, hanno mulinato, frenetici, grandi nomi del mondo dello spettacolo, ma a lei sembra non essere mai importato molto, ha infatti preferito seppellirsi in una falsa normalità, amata dal pubblico e osannata dalla critica. Figlia di un conduttore di treni e di una casalinga inglese, sorella di Roy Mangano, noto tecnico del suono, Silvana studia danza e recitazione fin dai primi anni dell'adolescenza. Ed è proprio durante uno di questi corsi che incontra il suo primo grande amore, l'attore Marcello Mastroianni, al quale rimarrà legata per brevissimo tempo. Per pagarsi gli studi, lavora come modella, prima di partecipare, a 17 anni, alla competizione di "Miss Italia". Era stata notata infatti da un famoso costumista francese, Georges Armenkov che, ammirandone l'armonia fisica, le aveva chiesto di diventare la sua mannequin. La Mangano, dopo un po' di diffidenza accettò, partendo immediatamente per la Francia. Ed è proprio nella nazione d'oltralpe che comincia la sua avventura cinematografica. Il suo debutto è infatti come comparsa nella pellicola francese Le jugement dernier (1945) di René Chanas. Tornata in Italia, forte della sua bellezza giunonica, partecipa alla gara di fascino femminile più famosa della nostra nazione, "Miss Italia" per l'appunto. Ma a vincere è un'altra bellezza, che diverrà poi star cinematografica: Lucia Bosé. Ma la Mangano avrà comunque la fortuna di conoscere, all'interno della manifestazione, alcune sue amiche che le rimarranno accanto per il resto della sua vita: Gina Lollobrigida, Eleonora Rossi Drago e Gianna Maria Canale. E sarà proprio con la Lollobrigida che parteciperà alle pellicole: L'elisir d'amore (1947) di Mario Costa e a Il delitto di Giovanni Episcopo (1947) di Alberto Lattuada. Appena diciannovenne si presentò per il provino di Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis, nella sede della Lux Film. Di fronte a una folla enorme di ragazze, il regista non ne selezionò neanche una. Anche la Mangano, che era in mezzo a queste, non venne scelta, perché, a detta del regista, «si presentò con i capelli cotonati, molto truccata e vestita in maniera vistosa». Conciata in maniera così bizzarra, non venne presa perché ritenuta inadatta. Poi però, dopo qualche tempo, mentre camminava per via Veneto in una giornata di pioggia, si scontrò, all'angolo di un palazzo con il regista che, non avendo l'ombrello, camminava rasente al muro per non bagnarsi, senza guardare. Con una rosa in mano, vestita in maniera semplice, con i capelli completamente bagnati e completamente senza trucco, colpì profondamente il lato estetico del regista che la riconobbe immediatamente e la invitò a fare un secondo provino. Divenne così la protagonista di Riso amaro, nel ruolo di una mondina dallo sguardo irriverente e insolente. In shorts che esaltavano la sua figura mediterranea, con un fazzoletto in testa, sigaretta costantemente alla bocca e fotoromanzo in mano, la Mangano esplode in tutto il suo splendore, con la forte gelosia delle colleghe. Il film ottiene un successo straordinario, i critici americani urlano a una nuova Rita Hayworth italiana e sul set incontra un suo grande amico, Vittorio Gassman, ma soprattutto colui che sarà il suo vero pigmalione: il produttore Dino De Laurentiis. Ammaliato da questa slanciata e fiera figura italiana che, nonostante quell'aria plebea, frequentava lo scrittore Italo Calvino e cominciava a ricevere vagonate di proposte da Hollywood (soprattutto da Alexander Korda), De Laurentiis si innamora perdutamente dell'attrice, tanto da sposarla il 17 luglio 1949. Dall'unione nasceranno ben 4 figli: l'attrice Veronica De Laurentiis, la produttrice Raffaella, il regista Federico e Francesca. Ma non saranno gli unici frutti di questa relazione, perché in effetti, fu proprio il marito produttore a far muovere rapidamente la carriera della moglie, riuscendo a farle abbandonare lo stereotipo della donna dalla "bellezza terrosa" per passare a quello dell'attrice sofisticata. Entra così in competizione con altre due maggiorate italiane che in quegli anni spopolavano sul grande schermo: l'amica Lollobrigida e Sophia Loren. De Santis la rivorrà nel drammatico Uomini e lupi (1957) accanto a Yves Montand; ritroverà l'amico Gassman (gireranno voci su una loro relazione clandestina) nella pellicola di Duilio Coletti Il lupo della Sila (1949), sarà diretta da Mario Camerini ne Il brigante Musolino (1950), remake dell'omonima pellicola di Elvira Notari, Alberto Lattuada la inserisce in Anna (1952) e la sua filmografia si arricchisce anche di Il più comico spettacolo del mondo (1953) di Mario Mattoli, dove la Mangano lavora accanto a Totò e ad altre stelle della rivista. Più aumentano i film e più la sua carriera, completamente controllata dal marito, si fa raffinata e intensa, distinguendosi per lo stile con il quale disegna i personaggi. La fine dei ruoli "estetici" avviene con la pellicola di Vittorio De Sica L'oro di Napoli (1954), nel quale interpreta un'eterea donna ansiosa di riscatto, ruolo che le permetterà di vincere il Nastro d'Argento come miglior attrice protagonista. Lo scontro con la Loren si fa più acceso. Entrambe maritate con produttori, puntano gli occhi su Hollywood. Ma a vincere sarà la Sophia nazionale che, con La ciociara (1960) e il conseguente Oscar in mano, segna il punto definitivo a suo favore. La Mangano si sdoppia in due opposte femminilità per Mario Camerini: Penelope e Circe nello stesso corpo per Ulisse (1954), accanto ad Anthony Quinn e Kirk Douglas. Mentre in Francia sarà acclamata come protagonista de La diga sul Pacifico (1957), accanto ad Alida Valli e Anthony Perkins. La tempesta (1958) di Alberto Lattuada, ma soprattutto La grande guerra (1959) di Mario Monicelli la declamano come "gran dama" del cinema italiano delineando una carriera che, nonostante non sia abbondante di titoli, coincide con i momenti più importanti della storia del cinema della nostra nazione: dal neorealismo alla commedia all'italiana, passando poi per il cinema d'autore. Fatale, becera, nobile, teatrale, intima, la Mangano arriva a conquistare anche gli Stati Uniti che le offrono una copertina su LIFE, l'11 aprile 1960. Disgraziatamente, lo sfolgorio che emana sul grande schermo non coincide con quello che è la sua vita privata. Un matrimonio che è sempre più infelice. Non usa appellativi romantici con il marito, lo chiama con un freddo "De Laurentiis". La vita coniugale è tremendamente soffocante e per sfuggire a questa mancanza d'aria, la Mangano si chiude in un se stessa, diventando formale e algida, perfino con i figli che la vedevano solo di sfuggita (stava sempre reclusa nella sua camera da letto), inghiottita dal suo silenzio e con un forte odio verso il mondo, tanto da tentare il suicidio. Il cinema americano la reclama a gran voce, lei si presta solo per Jovanka e le altre (1960) di Martin Ritt, per il quale sacrifica i suoi lunghi capelli, rasandoseli. Dino Risi, Vittorio De Sica, Mario Camerini continuano a costruirne il mito. Poi nel 1962, nel pieno degli anni della dolce vita e della lucente Cinecittà, recita in Barabba (1962) di Richard Fleischer, immediatamente seguito da Il processo di Verona (1963) di Carlo Lizzani, che le porterà il suo secondo Nastro d'Argento come miglior attrice protagonista. Poi, dopo qualche pellicola con Tinto Brass (quando ancora non si era affacciato al cinema erotico), si affianca ad Alberto Sordi (che si dirà essersi perdutamente innamorato di lei) ne La mia signora (1964). L'armonia fra i due sarà così palese che Sordi la dirigerà in Scusi, lei è favorevole o contrario? (1966). L'incontro con un più gagliardo Mastroianni lo fa sul set di Io, io, io… e gli altri (1965) di Alessandro Blasetti. Non si riaccende una fiamma, ma il sodalizio che maggiormente la porterà in auge, elevandola allo status di vera e propria diva indimenticabile della settima arte sarà quello artistico con l'intellettuale Pier Paolo Pasolini. Il regista la dipingerà madre e amante in Edipo Re (1967) e Teorema (1968), fino a farne una Madonna immacolata e statuaria ne Il Decameron (1971). Le streghe (1967), Capriccio all'italiana (1968) e Scipione detto anche l'Africano (1971) danno lustro alla sua comicità e alla sua "fatalità", ma l'aria aristocratica, quasi come un'investitura, gliela offre il grande Luchino Visconti con Morte a Venezia che le frutterà il Nastro d'Argento come miglior attrice non protagonista, nel ruolo della madre di Tazio. Sua musa, la vorrà anche in Ludwig (1973) e Gruppo di famiglia in un interno (1974), poi si scontrerà con Bette Davis ne Lo scopone scientifico (1972) di Luigi Comencini, per il quale vincerà il suo primo David come miglior attrice. Negli anni Ottanta però, arriva la botta del male più dura da superare. Nel 1981 suo figlio Federico, spronato dal padre nella carriera di regista documentarista, muore in una tragedia aerea sui cieli di Bristol Bay, in Alaska, durante la realizzazione di un documentario. Aveva solo 26 anni. La Mangano si perde in se stessa e dopo aver accettato, spinta fortemente dal marito, il ruolo della Reverenda Madre Ramallo del Trio delle Bene-Gesserit in Dune (1984) di David Lynch, si separa dal consorte e abbandona la recitazione, per vivere fra Parigi e Madrid. Sofferente di depressione, scopre di avere un tumore allo stomaco e ciò la spinge a vivere ancora di più in solitudine. Intuendo che la morte è ormai vicina, si riappacifica con l'ex marito e accetta l'ultimo ruolo della sua vita, guarda caso accanto a Marcello Mastroianni, in Oci Ciornie (1987) di Nikita Michalkov. Due anni più tardi, il cancro in metastasi porta un'emorragia cerebrale. La malattia la uccide e, secondo molti, fu causata principalmente dalle sue abitudini di inveterata fumatrice. Si distrugge, non sotto il peso degli anni, ma del dolore che le scorreva nelle vene una delle più grandi attrici italiane. Nessuna parola, nessun gesto può essere altrettanto grande da quantificare la sua importanza nella storia del nostro cinema. La Mangano, seppur con qualche resistenza, era un vero e proprio tsunami della recitazione. Rustica, popolana, aristocratica: una gran dama estenuata e decadente per Visconti, aggressiva e vitale per De Santis, regale e materna per Pasolini. Era in grado di apparire giocosa, ma anche malinconica, dando vita a dei personaggi che se ne infischiavano di giustificazioni e di buoni sentimenti, offrendo delle interpretazioni che erano perfette, raffinate e complesse come un logaritmo, nel quale solo lei trovava sempre qualche errore: «Non mi piaccio. Se una parrucca di scena è bella, la vedo imbruttita dalla mia faccia, se è bello un costume, lo vedo imbruttito dalla mia figura. Come attrice mi sono improvvisata, recitazione non l'ho mai studiata. Ho sempre provato il timore di essere inadeguata.»


Laura Betti

Data nascita: 1 Maggio 1934 (Toro), Bologna (Italia)
Data morte: 31 Luglio 2004 (70 anni), Roma (Italia)
Attrice italiana. Inizia come cantante prediligendo i ritmi jazz e le sonorità dense e impegnate delle canzoni e del teatro brechtiano. Debutta nel cinema nel 1956 in Noi siamo le colonne, commediola sentimentale di L.F. d'Amico, ma abbandona subito i toni leggeri per dedicarsi al teatro impegnato e alla rifinitura di un istinto recitativo avido di personaggi forti. Dopo un'apparizione in La dolce vita (1960) di F. Fellini, incontra il suo pigmalione P.P. Pasolini che le ritaglia tre significative apparizioni nei tre episodi da lui diretti rispettivamente in Ro.Go.Pa.G. (1963), Le streghe (1967) e Capriccio all'italiana (1968). In Teorema (1968), sempre di Pasolini, l'interpretazione della serva contadina le vale la Coppa Volpi a Venezia. Votata a ruoli impegnati e spesso sgradevoli, avulsi dai diktat della bellezza ed evitati in genere dalle attrici protagoniste, tratteggia anche generosi e intensi ruoli secondari, fra gli altri per i fratelli Taviani in Allonsanfan (1973), per M. Jancsó in Vizi privati, pubbliche virtù (1976) e per B. Bertolucci in Novecento Atto I e II (1976). Fra i suoi film più recenti Il grande cocomero (1993) di F. Archibugi e I magi randagi (1996) di S. Citti. Nel 1979 pubblica il romanzo Teta veleta, acida e velenosa critica degli ambienti intellettuali italiani. Dirige il Fondo Pier Paolo Pasolini, con cui cura tra l'altro la pubblicazione del volume Le regole di un'illusione (1991), che ripercorre la filmografia di Pasolini attraverso documenti e testimonianze dello stesso regista.


Luigi Leoni

Data nascita: 6 Maggio 1935 (Toro), Casperia (Italia)
Alto, longilineo, magrissimo, di buona preparazione professionale, dopo aver frequentato per breve tempo l’Actors’ Studio di R. Beaumont, frequenta l’accademia teatrale di Pietro Scharoff, debuttando nel cinema intorno alla fine degli anni Cinquanta per essere presente, seppure in ruoli molto secondari, alcuni dei quali solo figurazioni, in moltissimi film diretti oltretutto da registi di vaglia. È infatti scelto, agli inizi, da Luigi Zampa che gli offre la possibiità per disegnare figurine di contorno di divertente presa sul pubblico, soprattutto giovani isterici o effeminati, da lui resi con un senso invidiabile del sarcasmo e della salacia più ironica. Una delle caratterizzazioni più azzeccate dal Leoni è quella (in abiti femminili) della turista nell’episodio pasoliniano La terra vista dalla luna inserito nel film Le streghe. Un esemplare travestimento di irresistibile impatto in cui Leoni non sfigura affatto accanto a Laura Betti anche lei “en travesti” (da uomo panciuto). Per un chiarimento, Leoni e la Betti sono i due strani turisti che, dopo aver mangiato una banana, provocano con la buccia gettata per terra la morte di Assurda-Silvana Mangano. Un altro grande regista che chiama sovente Leoni per piccole gustose caratterizzazioni è Federico Fellini che lo utilizza piacevolmente nelle sue opere dove purtroppo il suo nome non è quasi mai annotato né sui titoli di testa né su quelli di coda. Ha calcato le tavole del palcoscenico sempre da attore di supporto facendosi notare in due opere dirette da Patroni Griffi (La bottega del caffé e Le femmine puntigliose), ma anche con Luca Ronconi ne Gli straccioni e con Andrea Camilleri in Tutti quelli che cadono. È presente saltuariamente in televisione dove prende parte ad un episodio de Il novelliere (1967) di Daniele D’Anza, allo sceneggiato Le avventure di Pinocchio (1972) di Luigi Comencini, in cui recita nel ruolo del maestro di scuola, e ad altre opere. Più recentemente è apparso nella serie Il maresciallo Rocca (1996) realizzata da Giorgio Capitani e Ludovico Gasparini


Mario Cipriani

Data nascita: 1926, Roma (Italia)
Anno morte: 2003, Roma (Italia)
Mario Cipriani è noto tra gli esperti di cinema per aver interpretato due ruoli sotto la direzione di Pier Paolo Pasolini, in Accattone (1961) e in La ricotta, episodio del film Ro.Go.Pa.G. (1963). La morte di Pasolini portò Cipriani sempre più ad isolarsi dal mondo del cinema. Lavorò anche per Zeffirelli.

*I testi delle biografie degli attori sono tratte da www.mymovies.it



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