Il teatro di Totò

A prescindere

Raro filmato muto in 16 mm e si riferisce all' ultima rivista di Totò A prescindere in scena nel 1957 al Teatro La Gran Guardia di Livorno.

[Totò nelle vesti di Otello] [Totò direttore di orchestra]

Testo:
Nelli e Mangini
Regia:
Mario Mangini
Interpreti:
Totò,Franca may,Yvonne Menard,Enzo Turco,Franca Gandolfi,Alvaro Alvisi,Dino Curcio
Compagnia:
la "Spettacoli Errepi" presenta la Compagnia Totò-Yvonne Menard
Prima:
Roma, Teatro Sistina,1 dicembre 1956


"«[ ... ] L'altra sera al teatro Sistina Totò si è ripresentato al suo pubblico dopo sette anni di disputabili successi cinematografici [...] . Un applauso interminabile alla sua prima uscita e poi acclamazioni e risate durante quasi tutto il primo tempo sino alla improvvisa esplosione del Rock and Roll. Il secondo tempo è piaciuto meno e io credo che tutto lo spettacolo guadagnerebbe parecchio se lo si ridimensionasse, tagliando con coraggio in quella seconda parte a cominciare dal finalissimo e sostituendolo con il Rock and Roll. Anche riequilibrato in questo modo nessuno griderebbe al capolavoro. Per un ritorno cosi importante era lecito attendersi un testo più vivo e serrato e invenzioni più divertenti. Siamo ben lontani dal Totò a Capri e dal Totò nel vagone letto delle sue grandi stagioni di alcuni anni fa. E tuttavia lo spettacolo vale la spesa. Totò era più disorientato che stanco, e mi dicono che ha fatto presto nelle recite successive a ritrovare quasi tutta la sua verve e il suo scatto. E, in ogni modo, egli è sempre e di gran lunga l'apparizione più esilarante del nostro teatro di rivista [...] " .

Sandro De Feo, L'Espresso, Roma, 2 dicembre 1956.

" Dopo sette anni di cinematografo, Totò è tornato alla rivista. Per sette anni i suoi gesti e la mimica anche più segreta del suo volto sono stati scrutati dagli obbiettivi nel gioco angolare delle luci e sono stati ingranditi nei primi piani dello schermo. [..] Le prospettive teatrali sono molto diverse: L'Uomo deve tornare ad essere Maschera, la mimica facciale più sottile deve diventare smorfia violenta, l'attore deve moltiplicare le dosi della virtù comica per ottenere l'onda lunga che lo metta in contatto con lo spettatore lontano. In certi momenti sembra non ci siano "valvole" che bastino per ottenere quello che in radiofonia si chiama un'alta fedeltà. I cinque, i dieci minuti dello sketch non bastano a dar vita ad un personaggio: sono appena sufficienti per modellare una macchietta. E' una lotta dura, un ritorno duro a mezzi tecnici più ristretti e più avari. [...] Questa prova di ridimensionamento è quasi tutta riuscita, soprattutto nella seconda parte della rivista. Prima, la famosa maschera ci era apparsa ogni tanto sfocata, come vista dietro ad un vetro qua e là smerigliato. La recitazione, più che una invenzione immediata, ci pareva "estratta" da un appello un po' inquieto a memorie di effetti che erano familiari sette o quindici o vent'anni fa - addirittura al tempo di Totò sconosciuto alle folle - e che i sette anni consumati in un'altra tecnica espressiva avevano reso un po' consueti. Le battute erano spesso un po' massicce: qualcuna scivolava su sentieri di una comicità facile ma un po' viscida. L'attore era andato approdando ai porticcioli di effetti già molte volte collaudati e per chi aveva buona memoria l'impressione era un po' quella di assistere ad una selezione antologica del "primo Totò" come nelle cineteche si fa con i cortometraggi del "primo Charlot". Le ripetizioni e le "citazioni classiche", si sa, non giovano effettivamente a nessuno, soprattutto nel teatro comico, che brucia rapidamente la sua prima virtù che è quella dell'inatteso. Gli effetti migliori Totò andava ritrovandoli più che negli scatti marionettistici di un tempo e più che nei divincolamenti disossati, nella dosatura delle sfumature mimiche. Alla fine, quando si è compiuto il congiungimento con la tradizione e con l'origine del vecchio music-hall - ci hanno detto che la parodia dell'Otello è un "numero" di andatura quasi petroliniana, che risale a molti anni or sono - Totò ha ritrovato completamente la sua sua misura di grande maschera comica. Il pubblico aveva avuto in un primo tempo una larga cordialità: alla fine ha avuto la prova che ritrovava il suo Totò nella misura completa e gli applausi si sono fatti fittissimi.[...] " .

Orio Vergani, Corriere d'Informazione, Milano, 6 febbraio 1957.


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