Malafemmena

versi e musica di Antonio de Curtis

canta Giuseppe Di Stefano

Versi e musica di Antonio De Curtis

Si avisse fatto a n'ato
chello ch'e fatto a mme
st'ommo t'avesse acciso,
tu vuò sapé pecché?

Pecché 'ncopp'a sta terra
femmene comme a te
non ce hanna sta pé n'ommo
onesto comme a me!...

Femmena
Tu si na malafemmena
Chist'uocchie 'e fatto chiagnere..
Lacreme e 'nfamità.

Femmena,
Si tu peggio 'e na vipera,
m'e 'ntussecata l'anema,
nun pozzo cchiù campà.

Femmena
Si ddoce comme 'o zucchero
però sta faccia d'angelo
te serve pe 'ngannà...

Femmena,
tu si 'a cchiù bella femmena,
te voglio bene e t'odio
nun te pozzo scurdà...

Te voglio ancora bene
Ma tu nun saie pecchè
pecchè l'unico ammore
si stata tu pe me...

E tu pe nu capriccio
tutto 'e distrutto,ojnè,
Ma Dio nun t'o perdone
chello ch'e fatto a mme!...



Giuseppe Di Stefano

Figlio unico di un calzolaio, carabiniere in congedo, e di una sarta, Pippo, come lo hanno sempre chiamato amici, colleghi e fans, passa la giovinezza a Milano e viene educato in un seminario dei Gesuiti, e per qualche tempo medita di avvicinarsi al sacerdozio. Successivamente, grazie all'amico melomane Danilo Fois (che trascina per ore ed ore il disinteressato Pippo al loggione della Scala), inizia a dedicarsi alla musica, formandosi in modo frammentario presso vari maestri (le cui lezioni erano pagate da Fois e dagli amici del giovane cantante) . Allo scoppio della guerra viene arruolato nell'esercito (finendo ripetutamente in cella per il suo comportamento). Sfugge allo sterminio del proprio reggimento durante la Campagna di Russia ottenendo una licenza per una fittizia convalescenza poche ore prima della partenza per il fronte (grazie ad un ufficiale medico che lo giudicò "più utile all'Italia come cantante che come soldato"). Tornato a Milano, inizia la sua carriera come cantante di musica leggera ed avanspettacolo con lo pseudonimo di Nino Florio in quello che egli stesso descrive come "bombardamenti a parte, il periodo più bello della mia vita" .
Fuggito in Svizzera nell'ultimo periodo della guerra, continua a lavorare come cantante, alternando musica classica e leggera. Dopo alcuni piccoli ruoli, debutta ufficialmente il 20 aprile 1946 a Reggio Emilia interpretando il ruolo di Des Grieux nella Manon di Massenet. Con il medesimo ruolo, il 15 marzo dell'anno successivo debutta alla Scala. Appena un anno dopo, il 25 febbraio, è la volta del Metropolitan di New York, quale Duca di Mantova nel Rigoletto di Verdi, ruolo che il cantante ricoprirà al Metropolitan per diversi anni. Toscanini lo sentì alla radio e gli telefonò subito in albergo, dicendogli che gli piaceva come cantava “senza smancerie”. Nel gennaio 1951, quando Toscanini diresse alla Carnegie Hall di New York il “Requiem” di Verdi, per ricordare i cinquantanni della morte del grande compositore di Busseto, volle Di Stefano. E al termine di quella esecuzione, regalò al tenore una medaglia d’oro. Su un lato vi era il volto del compositore e sul rovescio la dicitura: “A Giuseppe Di Stefano in ricordo” e la firma autografa di Arturo Toscanini. Risale invece al 21 agosto 1957 l'esordio in suolo britannico dove, al Festival lirico di Edimburgo, interpreta il ruolo di Nemorino nell'Elisir d'amore di Donizetti. Il 18 maggio di quattro anni dopo, il palcoscenico del Covent Garden di Londra lo vede invece impegnato nella parte di Mario Cavaradossi nella pucciniana Tosca, tappe di una brillante carriera che si protrae a pieno regime sino ai primi anni sessanta, riuscendo a mantenere sempre un'elevata qualità delle performance malgrado una voce, dalla metà degli anni cinquanta, non più integra come un tempo.
Elemento di primaria importana nella carriera di Di Stefano è il fortunato incontro e la successiva, lunga collaborazione artistica con il soprano Maria Callas, assieme alla quale ha ottenuto alcuni dei più importanti successi di critica e pubblico della sua carriera. I due cantarono insieme per la prima volta nel 1951 a San Paolo del Brasile in occasione di una rappresentazione della Traviata diretta dal maestro Tullio Serafin. Assieme a lei si è poi esibito negli anni successivi in diverse opere e concerti, incidendo anche dischi per edizioni divenute storiche per il loro valore documentario. Dagli anni Settanta ha tenuto alcuni seminari, degli stage di canto e nel 1973, il cantante accompagnò la Callas nell'ultima tournée mondiale della cantante greco-statunitense. Sin dagli anni Sessanta il cantante ha progressivamente sfoltito gli impegni teatrali, limitando le sue esibizioni a recital e concerti e dedicandosi all'insegnamento. Nel 1975, a Spoleto, ha tenuto un master per i vincitori del Concorso Nazionale di canto "Adriano Belli", firmando anche un'aria dell'opera La bohème.
Negli anni '90 nasce a Trapani il “Concorso Internazionale Giuseppe Di Stefano. I Giovani e l’Opera”, che Di Stefano segue per qualche tempo. Nel 2001 l'Ente Luglio Musicale Trapanese gli intitola il proprio teatro nella Villa Margherita e Di Stefano presenzia alla cerimonia. Il 3 dicembre 2004 è rimasto gravemente ferito durante un'aggressione da parte di alcuni rapinatori mentre, con la moglie Monica Curth, si trovava nella sua casa di Diani, in Kenya. Ricoverato all'ospedale di Mombasa, le sue condizioni si sono rivelate più gravi di quanto fossero apparse in un primo momento. In seguito alle ferite riportate, il 7 dicembre è entrato in coma ed il 23 dicembre, dopo un lungo viaggio di trasferimento verso l'Italia, è stato ricoverato in un ospedale milanese. Non si è mai ripreso del tutto, restando infermo sino alla morte, avvenuta nella sua casa di Santa Maria Hoè il 3 marzo 2008 .
Dotato di una voce morbida ed inconfonibile di timbro caldo e ricco, dal magnifico smalto e con una dizione chiarissima, Di Stefano è stato apprezzato in particolare per la squisita pasta vocale, il fraseggio appassionato, il modo interpretativo accattivante, appassionato ed elegante, squisito nei pianissimi e nelle sfumature del cantato, a prescindere da una tecnica vocale non sempre impeccabile e subito oggetto di dibattiti sia tra i melomani che tra i critici, molti dei quali imputano al tenore diverse carenze tecniche (si è molto discusso sulla mancanza del passaggio di registro), frutto, in parte di una formazione canora eclettica ed incostante che, unita all'eccessiva ecletticità di repertorio, è stata anche alla base del rapido deteriorarsi della sua voce. Lontano tanto dalla precisione adamantina (e gelida, a detta dei fans di Pippo) del collega e rivale Alfredo Kraus quanto dall'ostentata irruenza di Mario Del Monaco, Di Stefano rientra, con il suo canto generoso ed istintivo, nella tradizione dei tenori lirici del repertorio verista italiano e francese, ove egli ha dato le sue prove migliori (come Des Grieux nella Manon di Massenet od Arturo ne I puritani di Bellini), spingendosi, negli anni successivi, fino a ruoli del repertorio lirico spinto, o drammatico, con risultati spesso altrettanto validi (Cavaradossi in Tosca di Puccini, Don Alvaro ne La forza del destino di Verdi, Calaf nella Turandot pucciniana o lo Chénier in Andrea Chénier di Giordano).
Ha avuto al suo attivo una notevole discografia, diretto dai principali direttori dell'epoca: Arturo Toscanini, Victor de Sabata, Tullio Serafin, Antonino Votto, fino a Herbert von Karajan. Le sue interpretazioni più apprezzate sono comunque state quelle dal vivo. Luciano Pavarotti ne ammirava la voce ed una volta raccontò "Il mio idolo è Giuseppe Di Stefano, lo amai ancor più di Beniamino Gigli e questo mi costò addirittura, per l'unica volta in vita mia, uno schiaffo da mio padre, che continuò a preferirgli Beniamino Gigli".
(fonte Wikipedia)

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