Giulio Andreotti e Totò

tratto da "Totò - A Prescindere" di Liliana de Curtis e Matilde Amorosi


Totò ammirava molto Giulio Andreotti per la sua intelligenza e il senso dell'umorismo, doti che, unite all'abilità diplomatica, secondo lui, lo rendevano un politico ineguagliabile. "Nella vita precedente Andreotti dev'essere stato un granduca oppure un alto prelato, che so, il cardinale Richelieu" diceva l'attore alla figlia, interessata quanto lui alla teoria della reincarnazione. Andreotti e Totò si incontrarono per la prima volta nel '49, al Teatro Nuovo di Milano (in occasione della prima di "Bada che ti mangio"), quando l'impresario Remigio Paone, sollecitato dal comico, lo presentò all'uomo politico.
"Entrando nel suo camerino, mi trovai davanti a un uomo completamente diverso da quello che avevo visto in scena con l'elmetto piumato, nella marcia dei bersaglieri che mandava il pubblico in visibilio" racconta Andreotti. "Totò era un uomo dignitosissimo, seriamente impegnato a difendere le sue prerogative principesche. Anzi, ebbi l'impressione che considerasse con un pizzico di sufficienza la mia carica di sottosegretario di Stato. Si sarebbe detto che accettasse l'applauso e l'affetto della gente come un surrogato dell'ossequio che gli era dovuto come erede del Sacro Romano Impero".

Totò e Andreotti parlarono dell'effetto che un certo tipo di comicità, irta di doppi sensi, poteva avere sui giovani.
"Sono convinto che le immagini oscene vadano sempre evitate, mentre parlando è possibile largheggiare nelle battute audaci, perché ciascuno le recepisce secondo la sua personale dose di malizia" disse Totò.
Ed esemplificò la sua teoria, condivisa da Andreotti, spiegando che il famoso sketch del vagone letto era pieno di allusioni pesanti che però la maggior parte del pubblico non coglieva, ridendo più che altro per la scena in cui i compagni di viaggio, nella foga della conversazione, si schizzavano reciprocamente di saliva, o per quella in cui le valigie volavano dal finestrino.
"Se lei ha capito tutto, eccellenza mi perdoni, ma era uno sporcaccione già da prima" concluse Totò facendo ridere di cuore Andreotti.

Si rividero nel '57 sul vagone letto Nizza-Roma. Il politico stava leggendo un giallo prima di addormentarsi, quando sentì bussare alla porta della sua cabina: era il comico insieme a Franca Faldini. "Ho saputo che lei era qui e ho voluto augurarle la buonanotte" gli disse. Reduce da un viaggio sulla Costa Azzurra, -indossava un'elegante divisa da yachtsman e gli parlò molto apertamente dei suoi problemi fiscali che riassunse in una breve frase: "Nella vita ognuno ama essere sopravvalutato, ma io lo sono solo dal fisco".
A questa battuta ne seguirono altre, definite da Andreotti "scoppiettanti", e l'incontro si concluse con l'impegno di ritrovarsi il giorno dopo al Ministero delle Finanze. In quell'occasione Totò, su consiglio del politico, decise di chiedere la rateazione delle imposte arretrate, ma non si sognò di smettere la vita ultradispendiosa che lo costrinse a lavorare freneticamente fino agli ultimi giorni di vita. Anche, ritiene Andreotti, per continuare abeneficare il prossimo con uno stile, ormai irrinunciabile per lui, che i francesi definiscono grandeur.
Il politico rivide Totò qualche tempo dopo, quando l'attore, ormai quasi cieco, non era più in grado di uscire senza una guida. Con gli occhiali scuri, il passo esitante e il viso tirato, faceva pena, al punto che Andreotti non ebbe il coraggio di salutarlo.
"Sono convinto che nelle sue condizioni si sarebbe sentito umiliato" spiega, dimostrando una sensibilità che sarebbe piaciuta all'attore. Meglio che il suo ricordo di Andreotti sia rimasto al loro incontro al ministero che Totò descrisse alla figlia con entusiasmo.
"Non puoi immaginare quanto è stato gentile e simpatico Andreotti" le disse. "Abbiamo parlato per lo più di tasse e a me non è parso opportuno accennargli alla mia idea sulla buonanima del cardinale Richelieu. Oltre tutto, avrei rischiato di fare una gaffe: metti che nella vita precedente Giulio fosse stato papa. .."

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