Carlo Campanini e Totò

tratto da Totò di Orio Caldiron


Sono stato uno dei primi che ha avuto le confidenze di Totò a proposito delle sue ricerche araldiche. È stato durante la lavorazione del Ratto delle Sabine in cui faceva il guitto che moriva di fame e faceva andare per le lunghe le prove perché nel frattempo era mantenuto con tutta la compagnia. Nella recita Totò fa il re e mi ricordo che finché eravamo lì che provavamo m'ha detto: «A Carle', io qui faccio per scherzo ma lo sono veramente!». Io che non ero al corrente di nulla sono rimasto un po', lo guardavo e pensavo: «Sta raccontando una barzelletta». Dico: «Non ci credo». «Ma io sono veramente re», e il giorno dopo m'ha portato un malloppo di carte dell'ufficio della consulta araldica fiorentina e m'ha fatto vedere il papier secondo il quale era già barone. Non ho mai avuto il coraggio di chiamarlo principe, perché mi sembrava di pigliarlo in giro, «capisco domani in società ci terrai, ma qui stiamo facendo i buffoni.. .». A questo proposito m'ha raccontato un bell' aneddoto. Dapporto va a trovarIo al Quattro Fontane, entra in camerino durante l'intervallo e gli fa: «Buongiorno, principe». «Ah, ma lo sai pure tu». «Sì - dice - guardi che lo sanno tutti». «Meno male che sono solo principe. Pensa, se ero re che sentivo un fetente che veniva a bussare: "S'accomodi, tocca a lei Altezza", sai sarebbe stata una cosa un po' troppo mortificante». Poi a poco a poco è entrato in possesso dei suoi titoli, era molto soddisfatto, era la sua vita, tanto è vero che io un giorno per.scherzo ho detto: «Mi sembra che Totò viva in un giardino pieno di alberi genealogici», perché non parlava d'altro.

Quando abbiamo fatto I due orfanelli in una scena l'ho ferito con la baionetta, lui si è voltato di scatto e l'ho ferito all'occhio dove aveva già avuto un'operazione e non ci vedeva niente. Mi fa male vedere i lavori che ha fatto per la televisione, sapere che lavorava in quella maniera, così menomato. Quando ha fatto la serie televisiva con D'Anza non ci vedeva proprio più. Mi diceva Castellani che prendeva le misure, si faceva accompagnare con una fatica improba. Totò era grandissimo come attore, era un improvvisatore, la gente non sa quanto c'è di suo, improvvisato lì per lì, bastava solo dargli una battuta. Quando ho fatto il Ratto delle Sabine non lo conoscevo, ma ero suo ammiratore per il teatro. Io dovevo girare contemporaneamente Le miserie del signor Travet, quindi dovevo sdoppiarmi tra un personaggio tragico, drammatico e quel personaggio con Totò che era tutta un'altra cosa. Con lui mi sono trovato molto bene anche come conoscente, non dico amico, perché di Totò veri amici non ne ho mai conosciuti, si vede che li aveva in un altro ambiente non in quello del cinema. Mi ricordo che si confidava, mi diceva tante cose, cose sue intime, l'ho visto tanto soffrire per pene di cuore. La storia è che lui credeva di potersi risposare, ma poi quando questo suo matrimonio con la Pampanini è andato a monte s'è trovato solo, ne ha sofferto molto, ha composto quella famosa canzone: «Tu si 'na malafemmina".

De I due orfanelli mi ricordo un caso molto tragico. Dopo pochi giorni che io e Mattòli eravamo andati per il contratto alla Minerva Film, c'è stato il famoso incendio in cui sono morte ventotto o ventinove persone e noi abbiamo avuto una paura perché eravamo stati proprio in quei locali da cui tanta gente s'è buttata giù perché il fuoco ha preso subito le scale, l'ascensore. E' stata una fifa tremenda. Poi il film è andato bene, è piaciuto. Totò faceva un film ogni venti giorni, perché lui aveva dieci film da fare all'anno e li faceva in venticinque, ventisei giorni. Il più bravo di tutti era Mattòli che aveva una predilezione per gli attori del varietà, sapeva che avevano quell'immediatezza, quella capacità di sdoppiamento in vari personaggi, allora li lasciava fare, e poi li metteva già nel ruolo in cui potevano sfogarsi, potevano tirare fuori tutto quello che avevano. Anche Totò si trovava molto bene con Mattòli, che era velocissimo, non perdeva tempo, capiva che l'attore lasciandogli un po' le briglie sciolte dava di più.

Con Totò bisognava stare attenti perché improvvisava parecchio: Mattòli giustamente, al contrario di quello che fanno tanti registi, non sceglieva la dodicesima, la tredicesim3j, ma sceglieva sempre la prima o la seconda perché c'era quella spontaneità che dopo scompariva, specie negli attori che improvvisano.TOtò tanti lazzi li metteva lui, tanti li diceva prima, altri li improvvisava lì per lì e Mattòli ci lasciava fare. Certo, c'era il copione, però il personaggio lo lasciava sfogare e allora bisognava stare in campana, per non fare brutte figure, perché sennò alle volte rimanevi a bocca aperta, anche se lui andava avanti e risolveva sempre lo stesso. In ogni scena che faceva, il primo pubblico che l'applaudiva era quello del teatro, i macchinisti, gli elettricisti. Era amico di tutti. Ura grande dote di Totò era la generosità: ho assistito, una volta o due, attori ammalati che mi hanno confidato che Totò da parecchio tempo gli pagava lui l'affitto.

Filmografia di Totò e Carlo Campanini

1945 - Il ratto delle Sabine
1947 - I due orfanelli
1949 - I pompieri di Viggiù
1951 - 7 ore di guai
1951 - Totò terzo uomo
1953 - Il più comico spettacolo del mondo
1953 - Un turco napoletano

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