L'articolo che segue e' tratto da "Totò" di Franca Faldini e Goffredo Fofi (novembre 1987)

La recitazione di Totò era molto spontanea, l'improvvisazione
vi aveva una grande parte. Per dare il meglio, Totò aveva bisogno
di un compagno con cui l'accordo fosse immediato, e che spesso lo
seguiva di film in film. Ne I due marescialli, ad esempio, Totò recitava per la seconda volta con Vittorio De Sica.
Al suo fianco quasi
si esaltava, dimostrava il classico piacere del comico che sa di
recitare capito e lo fa in modo eccezionale. Le sue doti naturali di
improvvisazione, le sue straordinarie doti di comico, venivano
messe in enorme risalto. Credo che questo avvenisse, in quel film,
principalmente per la presenza di un partner molto importante.
Totò diceva sempre: " Io posso far ridere, ma se ho vicino a me uno
che fa ridere più di me, anch'io faccio ridere di più ".
Con De Sica
ritrovava una verve nuova, e il senso di divertire un artista che oltre
che essere un vecchio collega, un compagno napoletano, era nello
stesso tempo un grande regista. Da parte sua c'era un certo gusto a
far risaltare la sua bravura, una certa eccitazione nel recitare, far
ridere, tirar fuori tutti i suoi lazzi e le sue fantastiche trovate, che
rendevano difficile perfino al regista assistere alla scena senza ridere.
Un altro caso di compagno all'altezza di Totò era quello di Peppino De Filippo. Io ho diretto sei film di Totò; tre erano anche con
Peppino De Filippo: Totò, Peppíno e la dolce vita,
Chi si ferma è
perduto, Gli onorevoli. Totò e Peppino sono comparsi in una dozzina di film insieme, in una dozzina di anni. Totò aveva sempre
bisogno di pubblico, di fare ridere i presenti secondo quella che era
la regola del teatro. Una delle caratteristiche dei film che ho fatto
con Totò e Peppino era la difficoltà della prova. Durante la prova
la scena diventava sempre penosa, e per il regista tristissima. Uno
si sentiva come un deficiente, e si diceva: ecco, questi non faranno
ridere nessuno.
La prima volta che li ebbi di fronte - e non ero un
principiante - li feci provare una scena. Io mi sentivo molto a disa-
gio a dover dirigere due mostri del genere. Mi guardavano sornioni
come due gattoni, consideravano ironicamente il giovane regista di
fronte a loro che tentava di ottenere qualche cosa in fatto di comicità,
e provarono del tutto meccanicamente. Tanto che dovetti rivolgermi al
Principe (Totò bisognava chiamarlo Principe per andarci
d'accordo) per solleticare un po'più di slancio... Ma ero disperato.
Poi, quando girammo sul serio, ricordo che si trattò di una scena
spaventosa, spaventosa perché vedevo l'operatore sussultare dalle
risa dietro la macchina, vedevo gli elettricisti, gli operai e i
macchinisti sghignazzare sui ponti. Era comicità allo stato puro, la
comicità
del teatro dell'arte, irripetibile.
Totò, Peppino e la dolce vita
era un film incasinatissimo, prodotto da parenti suoi, la figlia con il
marito, tanto è vero che io arrivai in sostituzione di Camillo
Mastrocinque che aveva litigato e se
ne era andato. Non sapevo niente, non avevo neppure letto il copione, e
c'era una scena di una specie di bar con un tavolino, e su un
foglio lessi che Totò e Peppino avrebbero dovuto sedere attorno a
questo tavolino chiacchierando. Ma di che cosa non era specificato.
Gli dissi: " Io sono piombato qua, questo è quanto mi trovo tra le
mani, però sono all'oscuro di tutto, e adesso che facciamo in questa
scena del bar? " E Totò, calmo calmo, mi disse di lasciarlo fare.
Così, di sana pianta, mentre lo seguivo con la macchina, e Peppino
ordinava dello champagne al cameriere che gli suggeriva il Moèt
Chandon, Totò inventò uno sketch straordinario svisando Moèt
Chandon in " Mo',esce Antò" e andando avanti sull'equivoco per
diversi minuti. Tutti della troupe schiattavamo dal ridere, in quei
casi spesso i macchinisti e gli elettricisti finivano con l'applaudirlo
perché si divertivano come pazzi, inaspettatamente'
La sceneggiatura era per Totò un filo d'accaio teso tra due punti,
l'inizio e la fine del film, ma il resto subiva mille cambiamenti.
Le sceneggiature Totò le considerava nella maniera più terribile che
si possa immaginare. E per noi, o meglio per chi ha lavorato con
Totò, la difficoltà minore era la lettura della sceneggiatura o del
soggetto. La difficoltà consisteva nel leggere a Totò le sceneggiature
perché Totò negli ultimi anni non leggeva più per ragioni di
vista. Allora gli si dovevano leggere le sceneggiature, e quasi sempre
questo avveniva ad ore impossibili, dalle tre alle quattro di mattina,
perché Totò prima di quell'ora diceva di non capire bene. Era
abituato a leggere i copioni dopo le due di notte da vecchio attore
di teatro che aveva i momenti di maggiore lucidità in quelle ore. Si
trattava dunque, per il regista e lo sceneggiatore, di andare a trovare
Totò alle tre di notte in quella specie di santuario che si era
costruito. Ci si trovava davanti questa specie di gufone simpatico
vestito di velluto rosso, che t'aspettava dicendosi " chissà che
stupidaggini mi faranno ascoltare ", e poi leggergli la sceneggiatura
cercando di imitare la sua voce, in modo naturalmente maldestro, e
Totò non rideva mai. Qualche volta soltanto faceva quel suo " uh'
uh ", e allora voleva dire che avevamo fatto centro. Io credo di
essere stato, a quanto so' uno dei pochi registi che riusciva a tanto.
Ovviamente poi la sceneggiatura in teatro di posa cambiava
completamente. Una volta siamo arrivati non solo a cambiare di sesso al
personaggio, ossia Totò diventò una donna, ma la storia stessa
diventò completamente diversa, cambiò epoca, cambiò tutto, fu un
altro film. Mancava solo che cambiasse anche il regista!
Filmografia di Totò e Sergio Corbucci
1963 - Gli onorevoli
1961 - Totò, Peppino e la dolce vita
1962 - Lo smemorato di Collegno
1961 - I due marescialli
1962 - Il giorno più corto
1963 - Il monaco di Monza
1960 - Chi si ferma e' perduto
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