Furio Scarpelli e Totò


Furio Scarpelli e Totò

L'articolo che segue e' tratto da "Totò" di Franca Faldini e Goffredo Fofi (novembre 1987)

Di Totò si dovrà cominciare a utilizzare anche le scorie, se si vuole continuare un'analisi ormai giunta molto in là grazie anche agli ultimi totoisti che ormai hanno consumato tutto il buono disponibile. (Quasi si direbbe che i veri cultori di Totò non siano più coloro che lo hanno sempre naturalmente amato, ma coloro che lo hanno capito vent'anni dopo. E certo in senso evangelico essi ne avrebbero maggior merito, tant'è che il peccatore pentito è il prediletto del signore). Dunque, le scorie di Totò. Cì sono stati, chi non li ha mai notati?, momenti fugaci in cui Totò sembrava si appannasse. Era quando Totò (per lealismo? per distrazione?) si adattava a " rispettare " il personaggio-scritto nel quale lo avevano calato, quando ripeteva, senza satanizzarle,le battute del copione, quando recitava solo sindacalmente emozioni allestite da altri. Deludeva in quei momenti Totò, perché il palloncino grigio che gli era stato affidato, talvolta solo un fico secco, egli non lo gonfiava fino a farlo diventare immenso, iridescente, fino a farlo scoppiare. questi appiattimenti di totò, del resto rari, davano poi fiato a certi spiriti fini per formulare smisurati progetti, poetici, surreali e lunari.

Noi restiamo del parere che se questi vaticini si fossero avverati si sarebbero risolti in sconquassi culturali. Avremo forse avuto un Totò-Tati, o un Totò-Pierrot, Dio ci scampi oggi e sempre dal ballet-mécanique e dal lunaparkismo alla Molnar.È invece da ritenere
che i ricordati appannamenti di Totò ribadivano la necessità che Totò si dovesse sì celare dentro la piccola concreta verità, ma solo per contrastarla, ammonirla con voce d'aquila e sconciarla. Totò al di là del bene e del male. Totò-Nietzsche, dunque? La bombetta l'avevano tutti e due... Ma Totò aveva il dono supremo dei poveri: la simpatia. E questo, si pensa, era assai poco niciano. Allora Totò chi? Ma, gli si deve per forza trovare un omologo, un affine? E perché no? È uno dei modi per misurare un artista, è anche il modo per misurare ancora una volta l'estensione della nostra ammirazione per lui, è un possibile ennesimo modo per parlarne. Vediamo partendo ancora dalla bombetta... Ecco: un altro allegro, scontroso personaggio, sempre avverso con guizzi infantilmente ingenerosi e saggi a ciò che gli veniva apparecchiato e addirittura che si apparecchiava da sé: Erik Satie. Colui che aveva capito com'è possibile stare contro le cose proprio standoci dentro. Inappuntabilmente vestito da macchietta, deliziosamente maligno, amato dai bambini, occultava la grandezza di spirito, con il paradosso, con la provocazione e il non-sense. Ma il non-sense ha un chiaro senso, anzi chiarissimo, quando è usato per ridicolizzare la regola e anche l'antiregola, nel momento in cui diventa potere.

Satie, dopo aver rivelato a Debussy che la Francia non ne può più di Wagner e che quindi si dovrà inventare una musica francese, e dopo avergliela inventata lui stesso, visto poi il dilagare dell'antiwagnerismo, esclama (Quaderni di un Mammifero a cura di Ornella Volta): " Chi non ama Wagner non ama la Francia!... Come? Lei non sa che Wagner era francese? Se lo era dimenticato? Così presto? Lei? Un patriota? " Non ci manca che il conclusivo: " Ma mi faccia il piacere! " Ma certo non è difficile e neppure definitivo affermare che Totò era profondamente ostile alle vicende in cui veniva calato, nemico delle piccole storie che, con saggia e materna rassegnazione, subivano le sue gotiche isterie, non è definitivo ed è naturalmente soltanto un'ipotesi. La comicità di Totò conserva tutto il suo assetto segreto, come l'alfabeto etrusco. Quanti compassi si sono spuntati in mille misurazioni. Un grande regista di teatro, sopraffatto da una delle ultime ondate di totoismo, ebbe a dire: " Ma poi, insomma, diciamolo, questo Totò non era un grandissimo attore ". E diciamolo pure, dal momento che non era semplicemente un attore.

Ecco, è su quel di più e di diverso che mi pare non si sia ancora riusciti a dire nulla di definitivo. Totò non era semplicemente un attore, su questo si può giurare. Come Satie non era semplicemente un musicista. Erano maestri di morale? Ma a questo punto mi rendo conto che è tanto meno definitivo accostare Totò a Satie, e che ci siamo arrivati solo grazie a una notevole dose di speciosità. Ebbene, che dire? Potessi mettere insieme ai due amici in bombetta altri struggenti amori, con tutta la speciosità e spudoratezza che occorra, come sarebbe bello! Ah, ipotizzare che Totò, Satie, Dickens, Collodi e Bulgakov erano la stessa persona, o quanto meno che frequentavano lo stesso asilo infantile nel quale formarono la loro personalità artistica! chiudiamo con questo nuovo programma di lavoro nel cuore, e con l'antico grido sulle labbra: " Dio benedica i grandi maestri che non diressero mai Totò ".

L'articolo che segue e' tratto da Totò di Orio Caldiron

Un'essenza "totoistica" dava una forma naturale ai dialoghi che scrivevamo per lui. Si può dire che noi giovani sceneggiatori eravamo "totoizzati", nel senso che a cena o alle riunioni di lavoro si imitava la sua voce, il suo gesticolare, il suo gusto surreale per il non-sense. I1 primo film lo ricordo bene, perché vi lavorai anche da aiutoregista. Era Totò le Mokò . Allora lo spirito parodistico andava per la maggiofe, era una vera e propria scuola. Si prendeva un titolo di successo, che magari rispecchiava culturalmente un'altra società, e lo si rifaceva in forma burlesca. Nel caso specifico, il divertimento consisteva nel parodiare il codice di virilità e rispetto tipico di un Jean Gabin per adattarlo al fisico e allo spirito burlone di Totò. In lui c'era una forte arte improvvisatoria, ma è anche vero che tutti noi vivevamo una specie di immedesimazione. Per ispirazione futuristica era una marionetta, però dentro aveva un'anima grossa così. La sua comicità era una stratificazione di molti elementi. Totò possedeva un intuito che, per magia o metafisica o chissà che altro, gli permetteva di percepire cose che non conosceva. Ricordo un film nel quale interpretava un luminare deil'università che dettava una pagina scientifica. Era impressionante. Forse per spiegare il suo talento ci vorrebbe un psicopatologo. La cosa più interessante era la sua schizofrenia, culturalmente alta. In lui c'erano due o tre persone. C'era Totò, il principe De Curtis e un signore borghese dal pensiero raffinato. E non combaciavano mai. Sarà perché, dietro l'eleganza del tratto e del gesto, si celava una psicologia complessa, dolorosa, attenta. Si aveva l'impressione di avere di fronte un uomo dal pensiero travagliato. Se Totò e il principe erano pubblici, il terzo - quello domestico e intimo - era difficile da scoprire, ma non impossibile. Credo che Totò in La banda degli onesti abbia colto benissimo che, sotto la crosta comica, c'era qualcos'altro. Diciamo un piccolo impegno civile stemperato in un certo sentimentalismo, un pezzettino d'animo, un intento polemico. Nel raccontare la disavventura del maldestro falsario Antonio Bonocore e dei suoi complici partimmo da una domandina semplice semplice: "Siamo sicuri che tutti coloro che ci danneggiano non siano degni di attenzione?"

Filmografia di Totò e Furio Scarpelli

1949 - Totò le Mokò
1949 - Totò cerca casa
1950 - Totò sceicco
1950 - Figaro quà, Figaro là
1950 - Totò cerca moglie
1950 - 47 morto che parla
1950 - TotòTarzan
1951 - Totò terzo uomo
1951 - Sette ore di guai
1952 - Totò e le donne
1952 - Totò a colori
1953 - Totò e Carolina
1954 - Tempi nostri(ep. La macchina fotografica)
1958 - I soliti ignoti
1958 - Totò, Peppino e le fanatiche
1960 - Risate di gioia
1962 - Totò e Peppino divisi a Berlino

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